Pochi giorni fa è stata emanata una sentenza della Corte d’Appello di Milano che ha scatenato numerose e forti critiche.
Si tratta di una sentenza che ha ridotto la pena per il reato di violenza sessuale da 5 anni a 4 anni e 4 mesi ad un uomo sulla base del fatto che la moglie lo tradiva e aveva una «condotta troppo disinvolta».
L’uomo, un romeno di 63 anni, aveva sequestrato, picchiato e violentato la moglie per una notte intera finchè a fermarlo non sono intervenuti i carabinieri chiamati dalla figlia.
Il Tribunale di Monza aveva condannato in primo grato l'uomo a 5 anni di carcere. In secondo grado però la Corte d’appello di Milano ha diminuito la pena di ben 8 mesi con una motivazione che fa discutere.
La coppia conviveva in una roulotte in un contesto familiare che i giudici hanno definito “degradato" e "caratterizzato da anomalie quali le relazioni della donna con altri uomini",
Il 63enne, definito dalla Corte «mite» nonostante le minacce di morte, le botte inflitte con un tavolino di legno, i pugni, gli schiaffi e gli abusi lunghi una notte, sarebbe stato «esasperato dalla condotta troppo disinvolta della donna», che «aveva passivamente subito sino a quel momento».
Tali circostanze secondo la Corte d’Appello pur non attenuando la responsabilità, sono «indice di una più scarsa intensità del dolo», ossia della volontà del soggetto di commettere il reato.
Dunque i giudici di secondo grado, pur riconoscendo a pieno la colpevolezza dell’individuano hanno consapevolmente deciso di applicare una circostanza attenuante volta a diminuire la pena.
Il reato di violenza sessuale è punito dall’art. 609 bis c.p. con la pena della reclusione da 6 a 12 anni ma nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. L’uomo è stato condannato a soli 4 anni e 4 mesi, pena derivante in parte dallo sconto derivato dall’applicazione del rito abbreviato e in parte dalla attenuante applicata dai giudici.
Tale sentenza sembra avvalorare la tesi che “una ragazza in minigonna in fondo se la sia andata a cercare” o che “una donna fedifraga in fondo se la sia meritata”. Speriamo quindi in un saggio intervento della Corte di Cassazione sul punto.
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