Parliamo di Mobbing
Sappiamo che fino al 31 ottobre 2021 vi è il divieto di licenziamento in italia, tuttavia non significa che sia sempre tutto rosa e fiori al lavoro.
Oggi parliamo e capiamo come difenderci di un fenomeno a dir poco spiacevole ma molto diffuso: il così detto mobbing.
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CHE COSA E’ IL MOBBING
Per capire cos’è il mobbing sul lavoro, occorre rifarsi innanzitutto al suo reale significato etimologico. La parola “mobbing” deriva dall’inglese e letteralmente significa “molestare, assalire, bullizzare”.
Solitamente sul luogo di lavoro, si verifica sotto forma di episodi di vessazione, molestie, attacchi verbali, terrore psicologico e aggressività da parte di superiori oppure semplici colleghi. Quando vengono a verificarsi questi tipi di situazioni, il lavoratore che ne è vittima fatica a concentrarsi e persino a lavorare in serenità e al massimo della sua produttività.
Si tratta di una sorta di bullismo, tra adulti, nel mondo del lavoro.
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QUALCHE ESEMPIO
Ci riferiamo ad esempio a comportamenti tesi a ghettizzare e bullizzare il soggetto.
Un caso famoso di mobbing che abbiamo recentemente trattato in Studio è quello di una lavoratrice che arrivata sul posto di lavoro era priva di scrivania e sedie dove sedersi e lavorare perchè nascoste dai colleghi.
Sono esempi di mobbing lo svuotamento delle mansioni tale da rendere umiliante il prosieguo del lavoro, i continui rimproveri e richiami espressi in privato ed in pubblico anche per banalità, l’esercizio esasperato ed eccessivo di forme di controllo, oppure l’esclusione reiterata del lavoratore rispetto ad iniziative formative, di riqualificazione e aggiornamento professionale, la mancata assegnazione dei compiti lavorativi, con inattività forzata o, l’interrompere o impedire il flusso di informazioni necessari per l’attività (chiusura della casella di posta elettronica, restrizioni sull’accesso a internet).
Oppure pensiamo ad atteggiamenti di demansionamento e dequalificazione: ad esempio quando ci viene affidato un compito troppo facile per le nostre competenze, oppure ancora peggio quando non ci vengono dati compiti da svolgere.
Il fine del mobbing è quello di emarginare un individuo dall’organizzazione lavorativa con conseguenze, anche notevoli, sulla salute e sull’equilibrio psicofisico del soggetto.
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IL BOSSING
Nel caso in cui questi comportamenti vessatori vengano messi in atto da soggetti che ricoprono una posizione alta nella gerarchia dell’azienda, prende il nome di “bossing“ appunto da “boss” capo.
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COSA DICE LA LEGGE ITALIANA?
A differenza degli altri Stati europei, la legge italiana non contempla una normativa specifica in materia di mobbing.
Ciò significa che, per dirimere le controversie sul mobbing, occorre fare riferimento alle norme già esistenti e, nello specifico all’art. 2087 c.c. che obbliga l’imprenditore a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale di ciascun lavoratore.
L’imprenditore trae vantaggio dal lavoro dei propri dipendenti ed è obbligato dalla legge a garantirne la salute sul posto di lavoro. In caso contrario sarà tenuto al risarcimento del danno al lavoratore non tutelato.
Non essendoci un articolo ad hoc che descriva le condotte oggetto del mobbing, è stato compito dei Giudici elaborare caso dopo caso dei parametri per riconoscere le condotte ascrivibili al mobbing.
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I CRITERI INDIVIDUATI DAI GIUDICI PER RICONOSCERE IL MOBBING
Legalmente, per definirsi mobbing, il complesso di atteggiamenti deve soddisfare due criteri fondamentali:
- La molteplicità,;
- La reiterazione.
Dunque si deve trattare di più atteggiamenti ripetuti nel tempo, per almeno 6 mesi e deve essere intenzionato a espellere il lavoratore dal contesto anziedale, spesso per sua stessa volontà perchè letteralmente “non ne può più”.
Inoltre per essere sanzionate le condotte devono causare una malattia/lesione psicofisica (ad esempio forte stress o inquietudine che portino a insonnia, esaurimento nervoso ecc.).
Infine deve esserci un nesso di causalità, ossia uno stretto collegamento, tra il comportamento vessatorio e l’alterazione dell’equilibrio psicofisico.
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SI TRATTA DI UN REATO?
Se le condotte di mobbing sono tanto gravi da causare delle lesioni all’intergrità psicofisica del lavoratore può essere integrato il reato di lesioni personali punite dall’art. 582 del codice penale con la reclusione da 6 mesi a 3 anni.
Ovviamente servirà una relazione medica che attesti la violenza psichica subita.
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LO STRAINING
Altra forma di "moderata" vessazione del datore sul lavoratore e da cui nasce un diritto al risarcimento è lo straining. Si tratta di una sorta di mobbing "in piccolo", dove non si ritrova la continuità delle azioni vessatorie del mobbing ma basta una singola azione lesiva connotata però da effetti duraturi e che giustifica una pretesa risarcitoria in quanto produttiva di danno all'integrità psicofisica del lavoratore.
L’esempio classico è un demansionamento plateale, avvenuto una sola volta ma estremamente grave.
Come se lo chef chiedesse al Sous chef di rimanere una volta finito il turno a pulire il bagno del ristorante.
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COSA FARE SE CI SI SENTE VITTIMA DI MOBBING?
Occorre innanzitutto trovare il coraggio di denunciare quanto accaduto al sindacato di riferimento, oppure citare in causa il datore di lavoro per richiedere il risarcimento dei danni o nei casi più gravi denunciare il reato all’autorità giudiziaria.
E’ tuttavia molto difficile trovare testimoni disposti a testimoniare il mobbing subito, perchè spesso trattandosi di colleghi che ancora lavorano per l’azienda, sono restii a testimoniare per paura di ripercussioni.
Qualora si abbia il sospetto di essere vittime di mobbing si consiglia quindi di raccontare, magari anche per iscritto, nel dettaglio le molestie subite ad amici e parenti così da avere delle prove o quanto meno degli indizi in sede di giudizio.
