Si tratta della c.d. ISD, l’imposta sui servizi digitali, introdotta dalla Legge di Bilancio 2020. E’ un’imposta che, nell’intento del Legislatore, mira a colpire le grandi imprese del mondo Digital, le c.d. GAFA (Google, Apple, Facebook e Amazon). Queste imprese infatti pur operando nel mercato italiano e rivolgendosi a consumatori italiani non pagano le tasse in italia perchè hanno la loro sede in Paesi dove la pressione fiscale è inferiore, come ad esempio l’Irlanda. Tuttavia, come noto, le leggi ad personam, ossia rivolte ad un preciso soggetto, sono vietate. La web tax colpirà dunque tutte le società che possiedono, congiuntamente, i requisiti numerici e sostanziali previsti dalla norma, ossia: Requisiti sostanziali: Le società devono innanzitutte operare nel mondo dei servizi digitali. Semplificando la complicata lettera della legge per servizi digitali devono intendersi:- pubblicità online; - piattaforme capaci di mettere in contatto tra loro gli utenti (ad es. Marketplace o social network);- trasmissione di dati raccolti online dagli utenti. Requisiti numerici: - ricavi complessivi superiori ai 750 milioni di euro, singolarmente o a livello di gruppo, e- ricavi derivanti dai servizi digitali realizzati in italia NON inferiori a 5,5 milioni di euro.L’aliquota sarà quella del 3% sul fatturato derivante dai servizi digitali. Per considerare il ricavo tassabile è necessario determinare l’italianità della transazione. Il servizio digitale deve dunque essere rivolto ad un indirizzo IP proveniente dall’italia.La legge prevede inoltre una lunghissima serie di esclusioni per imprese che pur operando nel mondo digital rimagono escluse dall’applicazione di questa imposta. Tra le molte citiamo le imprese che operano servizi bancari online. La Web Tax, contrariamente alla Digital Tax già introdotta nel 2018 ma mai diventuta operativa, sarà IN TEORIA direttamente applicabile senza necessità di decreti attuativi volti a definirne le modalità concrete di applicazione. Il primo pagamento della Web Tax sarà dovuto a febbraio 2021. Tuttavia, come diversi cultori della materia fiscale fanno notare, la legge è di difficile comprensione e per certi versi oscura. Saranno quindi sicuramente necessarie precisazioni dell’Agenzia dell’Entrate e del Ministero delle Finanze.La Web Tax italiana è stata ispitata alla DST Digital Service Tax proposta dalla Commissione Europea ma mai approvata. La web tax presenta però alcune criticità: - si tratta di una imposta sul fatturato con il conseguente forte rischio che venga traslata a valle sul consumatore. Le imprese alzeranno percentualmente i prezzi così da ricavare dal consumatore il mancato guadagno dovuto al pagamento dell’imposta. Sarà quindi il consumatore a subire l’imposta; - Abbiamo detto che per cosiderare un ricavo tassabile è necessario determinare l’italianità della transazione. Ciò significa che deve essere possibile conoscere l’indirizzo IP, italiano o meno, dell’utente. Ma il la legge privacy prevede la possibilità dell’utente di “spegnere” la geolocalizzazione. Come si farà dunque a determinare la provenienza dell’indirizzo IP? - L’imposta colpirà, pur non volendo, i grandi gruppi editoriali come Mediaset e RCS, perchè rientrano per soglia di fatturato e per servizi offerti nelle previsioni della norma. In Europa l’imposta sui servizi digitali è stata introdotta anche in Francia. La legge francese risulta tuttavia molto più dettagliata e orientata a colpire SOLO i GAFA. Questi ultimi sono però già passati al controattacco. Per protesta alla web tax francese ad esempio Amazon aumenterà le percentuali di commissione alle imprese francesi che rivendono i propri prodotti attraverso il marketplace Amazon. Il Presidente americano Donald Trump ha invece annunciato che verranno introdotti dazi nei confronti dei prodotti francesi ed italiani. Considerate le reazioni, un intervento a livello europeo si rende anora più necessario. Vi terremo aggiornati. Lawpills per Torcha Web Tax, cosa è, chi e cosa colpisce?
Si tratta della c.d. ISD, l’imposta sui servizi digitali, introdotta dalla Legge di Bilancio 2020.
E’ un’imposta che, nell’intento del Legislatore, mira a colpire le grandi imprese del mondo Digital, le c.d. GAFA (Google, Apple, Facebook e Amazon).
Queste imprese infatti pur operando nel mercato italiano e rivolgendosi a consumatori italiani non pagano le tasse in italia perchè hanno la loro sede in Paesi dove la pressione fiscale è inferiore, come ad esempio l’Irlanda.
Tuttavia, come noto, le leggi ad personam, ossia rivolte ad un preciso soggetto, sono vietate.
La web tax colpirà dunque tutte le società che possiedono, congiuntamente, i requisiti numerici e sostanziali previsti dalla norma, ossia:
Requisiti sostanziali:
Le società devono innanzitutte operare nel mondo dei servizi digitali.
Semplificando la complicata lettera della legge per servizi digitali devono intendersi:
- pubblicità online;
- piattaforme capaci di mettere in contatto tra loro gli utenti (ad es. Marketplace o social network);
- trasmissione di dati raccolti online dagli utenti.
Requisiti numerici:
- ricavi complessivi superiori ai 750 milioni di euro, singolarmente o a livello di gruppo, e
- ricavi derivanti dai servizi digitali realizzati in italia NON inferiori a 5,5 milioni di euro.
L’aliquota sarà quella del 3% sul fatturato derivante dai servizi digitali.
Per considerare il ricavo tassabile è necessario determinare l’italianità della transazione. Il servizio digitale deve dunque essere rivolto ad un indirizzo IP proveniente dall’italia.
La legge prevede inoltre una lunghissima serie di esclusioni per imprese che pur operando nel mondo digital rimagono escluse dall’applicazione di questa imposta. Tra le molte citiamo le imprese che operano servizi bancari online.
La Web Tax, contrariamente alla Digital Tax già introdotta nel 2018 ma mai diventuta operativa, sarà IN TEORIA direttamente applicabile senza necessità di decreti attuativi volti a definirne le modalità concrete di applicazione.
Il primo pagamento della Web Tax sarà dovuto a febbraio 2021.
Tuttavia, come diversi cultori della materia fiscale fanno notare, la legge è di difficile comprensione e per certi versi oscura. Saranno quindi sicuramente necessarie precisazioni dell’Agenzia dell’Entrate e del Ministero delle Finanze.
La Web Tax italiana è stata ispitata alla DST Digital Service Tax proposta dalla Commissione Europea ma mai approvata.
La web tax presenta però alcune criticità:
- si tratta di una imposta sul fatturato con il conseguente forte rischio che venga traslata a valle sul consumatore.
Le imprese alzeranno percentualmente i prezzi così da ricavare dal consumatore il mancato guadagno dovuto al pagamento dell’imposta. Sarà quindi il consumatore a subire l’imposta;
- Abbiamo detto che per cosiderare un ricavo tassabile è necessario determinare l’italianità della transazione. Ciò significa che deve essere possibile conoscere l’indirizzo IP, italiano o meno, dell’utente. Ma il la legge privacy prevede la possibilità dell’utente di “spegnere” la geolocalizzazione. Come si farà dunque a determinare la provenienza dell’indirizzo IP?
- L’imposta colpirà, pur non volendo, i grandi gruppi editoriali come Mediaset e RCS, perchè rientrano per soglia di fatturato e per servizi offerti nelle previsioni della norma.
In Europa l’imposta sui servizi digitali è stata introdotta anche in Francia. La legge francese risulta tuttavia molto più dettagliata e orientata a colpire SOLO i GAFA.
Questi ultimi sono però già passati al controattacco.
Per protesta alla web tax francese ad esempio Amazon aumenterà le percentuali di commissione alle imprese francesi che rivendono i propri prodotti attraverso il marketplace Amazon.
Il Presidente americano Donald Trump ha invece annunciato che verranno introdotti dazi nei confronti dei prodotti francesi ed italiani.
Considerate le reazioni, un intervento a livello europeo si rende anora più necessario.
Vi terremo aggiornati.
