Il contagio di ben 62 dipendenti della discoteca Billionaire in Costa Smeralda e del titolare Flavio Briatore ha fatto il giro di tutti i giornali. E’ lecito chiedersi se un tasso di contagio così alto sia dovuto ad una non diligente attuazione delle misure igienico sanitarie prescritte dalla Legge. Prendiamo spunto dalla vicenda per comprendere le sorti del lavoratore che si ammala sul posto di lavoro, da un lato, e la responsabilità del datore di lavoro, dall’altro. L’art. 42 del c.d. Decreto Cura Italia (D.L. n. 18/2020) ha infatti espressamente previsto che l’infezione da coronavirus contratta in ambito lavorativo deve essere considerata agli effetti di legge come “infortunio sul lavoro e malattia professionale” con conseguente diritto a ricevere l’indennizzo INAIL. L’INAIL, è l’ Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, e tutela il lavoratore contro i danni fisici ed economici derivanti da infortuni per cause lavorative e malattie professionali.Tutti i datori di lavoro che occupano lavoratori dipendenti nelle attività che la legge individua come rischiose, sono obbligati a stipulare l’assicurazione obbligatoria INAIL. La previsione dell’assicurazione obbligatoria è espressione del fondamentale principio, risalente al diciannovesimo secolo e tuttora valido, per cui chi si giova del lavoro di un soggetto, deve anche assumersi i conseguenti rischi e garantirne l’assistenza e la sicurezza in caso di infortuni o malattie professionali. Tale principio è riassunto nel brocaro latino Cuius commoda eius et incommoda: letteralmente “di chi sono i vantaggi, suoi sono anche gli svantaggi”. Grazie all’assicurazione il datore di lavoro è esonerato dalla responsabilità civile conseguente all’evento lesivo subito dai propri dipendenti ed i dipendenti vedranno ristorato economicamente il proprio danno direttamente dall’Inail. L’Inail potrà poi agire in regresso nei confronti del datore di lavoro qualora venga accertato che l’infortunio è dovuto al mancato rispetto delle norme precauzionali imposte dalla Legge. La responsabilità del datore di lavoro, ovviamente, sorge ogni qualvolta questi non ha osservato gli obblighi a lui imposti dalla Legge per la tutela del lavoratore.In capo al datore di lavoro possono essere riconosciute tre tipi di responsabilità: responsabilità civile, responsabilità penale e responsabilità amministrativa. Partendo dalla responsabilità civile, norme basilari sono gli articoli 2087 e 2049 c.c. che impongono al datore di lavoro di adottare le misure atte a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.Il datore di lavoro risponde e sarà quindi tenuto al risarcimento per i danni causati da violazione di misure di sicurezza compiute non solo personalmente, ma anche dai suoi preposti o sorveglianti. La responsabilità civile del datore di lavoro permane però, nonostante la suddetta assicurazione, quando vi sia stata condanna penale per il fatto dal quale è derivato l’infortunio.Arriviamo alla seconda responsabilità del datore di lavoro, quella penale. Le norme che impongono l’osservanza di misure di sicurezza nello svolgimento del lavoro, sono norme di rilevanza penale la cui inosservanza comporta commissione di reato. Le norme di tale natura sono innanzi tutto quelle previste dal Codice Penale. Ci riferiamo ad esempio all’art. 437 cp che stabilisce la responsabilità di chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro ovvero li rimuove o li danneggia e punisce tale condotta con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. La pena è inoltre aggravata se dall’omissione deriva un disastro o un infortunio.Vi sono poi specifiche norme contenute in leggi speciali volte a stabilire cautele, precauzioni e specifiche sanzioni. Infortuni eclatanti (si pensi al caso Tyssen Group) e malattie professionali altrettanto dilaganti in conseguenza soprattutto dell’uso di amianto, hanno portato il legislatore ad inasprire le sanzioni per i Datori di Lavoro inadempienti.Si tratta quindi di norme di rilevanza penale la cui inosservanza da parte del Datore di Lavoro o dei suoi preposti, comporta, a seguito della condanna, la esclusione dell’esonero previsto dalla assicurazione INAIL: il risarcimento del danno al lavoratore dovrà dunque essere integralmente corrisposto dal datore del lavoro. Infine vi è la c.d. Responsabilità amministrativa che consiste nella responsabilità della società datrice di lavoro.Il Decreto legislativo n.231/2001 ha infatti riconosciuto la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, siano esse società o associazioni anche prive di personalità giuridica. Si tratta di una responsabilità penale e si aggiunge a quella della persona fisica che materialmente ha realizzato l’illecito. E’ la prima responsabilità penale degli enti in Italia. Finita la digressione, necessaria per comprendere il contesto in cui si inserisce l’art. 42 del decreto Cura Italia, torniamo al c.d. “infortunio da covid”. Tale previsione ha inizialmente suscitato notevoli malumori fra gli imprenditori, preoccupati del fatto che tale norma sembrava estendere i rischi penali legati alla responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio del dipendente. Le critiche alla norma derivavano dalla circostanza che l’altissima contagiosità del virus renderva pressochè impossibile stabilire con precisione le modalità e il luogo di contagio, se sul luogo di lavoro o al supermercato a far la spesa. Dunque si era preoccupati che una falla nelle numrosissime misure di sicurezza imposte, spesso di difficile attuazione e, aggiungo io comprensione, o lasciate al senso civico del dipendente (libero di alzare o abbassare la mascherina a piacimento) potesse portare in automatico ad una responsabilità non solo civile ma addirittura penale. L’Inail ha tuttavia specificato che la disposizione in esame non ha alcun riflesso sulle responsabilità datoriali, le quali sono e restano disciplinate dai principi vigenti in materia penale. Il diritto all’indennizzo per infortunio sul lavoro ha presupposti ben diversi dalla responsabilità civile e soprattutto penale. Si avrà infatti diritto alle prestazioni assicurative qualora sia probabile, verosimile e ragionevole considerare il contagio avvenuto sul luogo di lavoro. Si avrà invece la responsabilità penale del datore di lavoro solo qualora sia accertato con certezza o con probabilità prossime alla certezza che il lavoratore ha contratto il covid19 sul luogo di lavoro a causa del mancato rispetto da parte del datore di lavoro delle misure anti infortunistiche prescritte. Tornando al caso Billionaire-Briatore, da quanto sin qui spiegato, è chiaro che l’azienda sarà responsabile del contagio ove venga provato che il dipendente sia stato contagiato oltre ogni ragionevole dubbio sul luogo di lavoro (e non in altri luoghi dove si svolge la sua vita privata) e non per sua negligenza (a esempio se nonostante le direttive abbia deciso di abbassarsi la mascherina, non igienizzarsi le mani o ballare con i clienti).Se invece dovesse emergere una qualsiasi falla nell’adempimento da parte del Billionaire delle misure di sicurezza imposte dalla legge a tutela dei lavoratori la discoteca potrebbe essere condannata a risarcire di tasca propria i dipendenti e i suoi amministratori a subire un procedimento penale. Concludendo consigliamo a tutti, sia datore di lavoro che lavoratore, prestino le cautele dovute e rispettino le precauzioni anticovid stabilite. Lawpills per TorchaNTAGIATO SUL POSTO DI LAVORO, chi è responsabile?
Il contagio di ben 62 dipendenti della discoteca Billionaire in Costa Smeralda e del titolare Flavio Briatore ha fatto il giro di tutti i giornali. E’ lecito chiedersi se un tasso di contagio così alto sia dovuto ad una non diligente attuazione delle misure igienico sanitarie prescritte dalla Legge.
Prendiamo spunto dalla vicenda per comprendere le sorti del lavoratore che si ammala sul posto di lavoro, da un lato, e la responsabilità del datore di lavoro, dall’altro.
L’art. 42 del c.d. Decreto Cura Italia (D.L. n. 18/2020) ha infatti espressamente previsto che l’infezione da coronavirus contratta in ambito lavorativo deve essere considerata agli effetti di legge come “infortunio sul lavoro e malattia professionale” con conseguente diritto a ricevere l’indennizzo INAIL.
L’INAIL, è l’ Istituto Nazionale Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro, e tutela il lavoratore contro i danni fisici ed economici derivanti da infortuni per cause lavorative e malattie professionali.
Tutti i datori di lavoro che occupano lavoratori dipendenti nelle attività che la legge individua come rischiose, sono obbligati a stipulare l’assicurazione obbligatoria INAIL.
La previsione dell’assicurazione obbligatoria è espressione del fondamentale principio, risalente al diciannovesimo secolo e tuttora valido, per cui chi si giova del lavoro di un soggetto, deve anche assumersi i conseguenti rischi e garantirne l’assistenza e la sicurezza in caso di infortuni o malattie professionali. Tale principio è riassunto nel brocaro latino Cuius commoda eius et incommoda: letteralmente “di chi sono i vantaggi, suoi sono anche gli svantaggi”.
Grazie all’assicurazione il datore di lavoro è esonerato dalla responsabilità civile conseguente all’evento lesivo subito dai propri dipendenti ed i dipendenti vedranno ristorato economicamente il proprio danno direttamente dall’Inail.
L’Inail potrà poi agire in regresso nei confronti del datore di lavoro qualora venga accertato che l’infortunio è dovuto al mancato rispetto delle norme precauzionali imposte dalla Legge.
La responsabilità del datore di lavoro, ovviamente, sorge ogni qualvolta questi non ha osservato gli obblighi a lui imposti dalla Legge per la tutela del lavoratore.
In capo al datore di lavoro possono essere riconosciute tre tipi di responsabilità: responsabilità civile, responsabilità penale e responsabilità amministrativa.
Partendo dalla responsabilità civile, norme basilari sono gli articoli 2087 e 2049 c.c. che impongono al datore di lavoro di adottare le misure atte a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.
Il datore di lavoro risponde e sarà quindi tenuto al risarcimento per i danni causati da violazione di misure di sicurezza compiute non solo personalmente, ma anche dai suoi preposti o sorveglianti.
La responsabilità civile del datore di lavoro permane però, nonostante la suddetta assicurazione, quando vi sia stata condanna penale per il fatto dal quale è derivato l’infortunio.
Arriviamo alla seconda responsabilità del datore di lavoro, quella penale.
Le norme che impongono l’osservanza di misure di sicurezza nello svolgimento del lavoro, sono norme di rilevanza penale la cui inosservanza comporta commissione di reato.
Le norme di tale natura sono innanzi tutto quelle previste dal Codice Penale. Ci riferiamo ad esempio all’art. 437 cp che stabilisce la responsabilità di chiunque omette di collocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro ovvero li rimuove o li danneggia e punisce tale condotta con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. La pena è inoltre aggravata se dall’omissione deriva un disastro o un infortunio.
Vi sono poi specifiche norme contenute in leggi speciali volte a stabilire cautele, precauzioni e specifiche sanzioni.
Infortuni eclatanti (si pensi al caso Tyssen Group) e malattie professionali altrettanto dilaganti in conseguenza soprattutto dell’uso di amianto, hanno portato il legislatore ad inasprire le sanzioni per i Datori di Lavoro inadempienti.
Si tratta quindi di norme di rilevanza penale la cui inosservanza da parte del Datore di Lavoro o dei suoi preposti, comporta, a seguito della condanna, la esclusione dell’esonero previsto dalla assicurazione INAIL: il risarcimento del danno al lavoratore dovrà dunque essere integralmente corrisposto dal datore del lavoro.
Infine vi è la c.d. Responsabilità amministrativa che consiste nella responsabilità della società datrice di lavoro.
Il Decreto legislativo n.231/2001 ha infatti riconosciuto la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, siano esse società o associazioni anche prive di personalità giuridica. Si tratta di una responsabilità penale e si aggiunge a quella della persona fisica che materialmente ha realizzato l’illecito. E’ la prima responsabilità penale degli enti in Italia.
Finita la digressione, necessaria per comprendere il contesto in cui si inserisce l’art. 42 del decreto Cura Italia, torniamo al c.d. “infortunio da covid”.
Tale previsione ha inizialmente suscitato notevoli malumori fra gli imprenditori, preoccupati del fatto che tale norma sembrava estendere i rischi penali legati alla responsabilità del datore di lavoro in caso di infortunio del dipendente.
Le critiche alla norma derivavano dalla circostanza che l’altissima contagiosità del virus renderva pressochè impossibile stabilire con precisione le modalità e il luogo di contagio, se sul luogo di lavoro o al supermercato a far la spesa.
Dunque si era preoccupati che una falla nelle numrosissime misure di sicurezza imposte, spesso di difficile attuazione e, aggiungo io comprensione, o lasciate al senso civico del dipendente (libero di alzare o abbassare la mascherina a piacimento) potesse portare in automatico ad una responsabilità non solo civile ma addirittura penale.
L’Inail ha tuttavia specificato che la disposizione in esame non ha alcun riflesso sulle responsabilità datoriali, le quali sono e restano disciplinate dai principi vigenti in materia penale.
Il diritto all’indennizzo per infortunio sul lavoro ha presupposti ben diversi dalla responsabilità civile e soprattutto penale.
Si avrà infatti diritto alle prestazioni assicurative qualora sia probabile, verosimile e ragionevole considerare il contagio avvenuto sul luogo di lavoro.
Si avrà invece la responsabilità penale del datore di lavoro solo qualora sia accertato con certezza o con probabilità prossime alla certezza che il lavoratore ha contratto il covid19 sul luogo di lavoro a causa del mancato rispetto da parte del datore di lavoro delle misure anti infortunistiche prescritte.
Tornando al caso Billionaire-Briatore, da quanto sin qui spiegato, è chiaro che l’azienda sarà responsabile del contagio ove venga provato che il dipendente sia stato contagiato oltre ogni ragionevole dubbio sul luogo di lavoro (e non in altri luoghi dove si svolge la sua vita privata) e non per sua negligenza (a esempio se nonostante le direttive abbia deciso di abbassarsi la mascherina, non igienizzarsi le mani o ballare con i clienti).
Se invece dovesse emergere una qualsiasi falla nell’adempimento da parte del Billionaire delle misure di sicurezza imposte dalla legge a tutela dei lavoratori la discoteca potrebbe essere condannata a risarcire di tasca propria i dipendenti e i suoi amministratori a subire un procedimento penale.
Concludendo consigliamo a tutti, sia datore di lavoro che lavoratore, prestino le cautele dovute e rispettino le precauzioni anticovid stabilite.
