Buongiorno amici di Lawpills!
Da quando si è propagata la pandemia Covid 19, sentiamo ormai quotidianamente parlare di vaccini, obbligatorietà o libera scelta del singolo a prestare il proprio consenso alla vaccinazione. Questa situazione è destinata a complicarsi maggiormente nel momento in cui si accosta l’argomento vaccino all’argomento lavoro.
Forse non tutti sanno che però in Italia esistono norme specifiche che dettano una regolamentazione in materia di salute e lavoro, anche riguardo ai vaccini.
È in primis l’art. 32 della Costituzione che ammette la libertà del singolo di rifiutare qualsiasi trattamento sanitario, comprese quindi le vaccinazioni, a meno che la Legge istituisca un obbligo in tal senso. E siccome ad oggi, manca una disposizione di Legge che stabilisca l’obbligo vaccinale contro il Covid 19, si comprende facilmente che risulta impossibile stabilire a priori l’obbligatorietà anti Covid 19 del vaccino ai dipendenti.
Se si prende però in considerazione l’art. 2087 del Codice Civile, si nota che l’imprenditore è tenuto ad adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dei prestatori di lavoro.
Ma questo è un dovere generico e non specifico, che non può quindi essere considerato come la “disposizione di legge” richiamata nell’articolo della Costituzione, e non varrebbe dunque a stabilire un obbligo.
Il quadro si complica però nel momento in cui si fa riferimento a determinate categorie di dipendenti, la cui attività lavorativa è fortemente esposta al Covid 19, come appunto tutto il personale sanitario.
Nella situazione in cui vi sia infatti una valutazione aziendale del rischio di esposizione al virus risultante dal Documento di Valutazione dei Rischi ed il parere di necessità o opportunità di adottare il vaccino come misura protettiva da parte del medico incaricato, ecco allora che la possibilità di rifiuto del dipendente a sottoporsi al vaccino potrebbe portare alla sospensione legittima dalla prestazione lavorativa, senza inoltre obbligo di retribuzione.
Si aggiunge a questo punto il Decreto Legge del 7 ottobre 2020, n.125, che ha inserito il Covid 19 tra i rischi che il datore di lavoro è tenuto a valutare e prevenire.
Dunque, nel caso in cui il datore metta a disposizione un vaccino efficace al Covid 19, il lavoratore potrà comunque rifiutarsi di sottoporsi al vaccino secondo il più generale principio sancito dalla Costituzione. Incorrerà però in una valutazione di idoneità alla mansione a cui è destinato, e nel caso in cui risultasse inidoneo al lavoro poiché altamente esposto al rischio di contagio, il datore potrà adibire il dipendente ad altra mansione che non lo esponga al rischio di contagio. Solo nel caso in cui questo non fosse possibile, il lavoratore potrebbe addirittura essere sospeso senza retribuzione.
Non sembra invece possibile procedere direttamente al licenziamento del lavoratore, in quanto sarebbe necessaria un’inidoneità permanente, ad ogni modo non necessariamente definitiva, alla specifica mansione. Ipotesi difficilmente ipotizzabile in un contesto pandemico destinato a risolversi in un più o meno breve arco temporale.
Esiste infine un’altra possibilità: il datore di lavoro può stabilire incentivi, soprattutto economici, premiando i dipendenti disposti a vaccinarsi, promuovendo così una cultura aziendale volta a sottoporsi al vaccino.
Recentissime le nuove disposizioni del Governo.
Per quanto riguarda le vaccinazioni, l'obbligo è in vigore (fino al 31 dicembre) per:
-gli esercenti delle professioni sanitarie
-gli operatori di interesse sanitario che operano in strutture sanitarie, sociosanitarie e socio assistenziali, farmacie, parafarmacie e studi professionali
Per chi rifiuta ci sarà lo spostamento a 'mansioni, anche inferiori' che non comportino rischi di contagio. Se ciò non è possibile, ci sarà la sospensione dal servizio senza retribuzione al massimo fino al 31 dicembre 2021. La sanzione scade prima se gli interessati ci ripensano. La punibilità per omicidio colposo e lesioni personali colpose è esclusa quando l'uso del vaccino è conforme alle norme Restano punibili solo i casi di colpa grave. Infine, i concorsi pubblici si potranno tenere in presenza a partire dal 3 maggio 2021 su base regionale e provinciale, evitando lo spostamento dei candidati da una regione all'altra, e, dove possibile 'in spazi aperti'.Lo svolgimento delle prove deve avvenire 'nel rispetto delle linee guida validate dal Comitato tecnico scientifico.

Bellissimo!